Roberto Mazzoleni, parte terza: il rapporto con i clienti
Di Roberto Mazzoleni, 11 Febbraio 2015
Pensando a questi anni di carriera professionale, ho impresso nella mia mente tante persone che sono passate per lo studio.
Tante facce, belle o brutte non importa, alle quali ho associato una sorta di didascalia con le sensazioni personali che ho provato e le situazioni professionali che ho vissuto.
Di certo, le esperienze non sono tutte belle e positive, ma in cuor mio non posso non dirmi che ho sempre cercato di mettere il massimo impegno per soddisfare i clienti.
La clientela dello studio può essere catalogata in almeno tre grandi gruppi. Un po’ come le tre cantiche nella Divina Commedia di Dante Alighieri.
Il primo gruppo è quello dei clienti modello.
È quello che ti porta sempre i documenti nei tempi giusti, che rispetta il tuo lavoro e quello del tuo staff. Che quando ti chiama, anche al cellulare, lo fa perché ne ha davvero bisogno e quasi si scusa se ti disturba. Non sarà un dato statistico certo, ma questa categoria di clienti è anche quella che ti paga il giusto, alle giuste scadenze. Se non ci fossero questi clienti, uno studio professionale potrebbe apporre alla porta il cartello “Closed”. Non avrebbe futuro. E a questi clienti devi dare tutto, in termini di disponibilità e di competenze. Ma lo fai volentieri perché ti senti appagato e apprezzato.
Il secondo gruppo è quello dei clienti difficili.
È il cliente che fai un po’ fatica a capire, con il quale ci devi stare sopra un po’ di più. Ti rendi conto che con lui è sempre bene evidenziare le tue risposte, perché di solito all’incontro successivo scopri che non ha messo in pratica quello che gli hai suggerito. È il cliente che a volte, per dolo o per colpa, non è sempre sincero con te. E allora tu devi metterci del tuo, devi cercare di andare a fondo del problema per renderlo più sicuro. È colui che se fa delle cazzate va redarguito, perché è questo che si aspetta da te. A questa categoria appartengono sia coloro che continuano a pagarti regolarmente, sia quelli che devi sollecitare un po’ di più. Io a volte tendo a non prendere troppo in considerazione quest’ultimo aspetto, forse perché troppo coinvolto dal problema che si sta affrontando. Così, succede che il bonifico tanto atteso non arrivi mai.
Il terzo gruppo è quello più ostico, perché fa capo ai clienti dai mille problemi.
E qui è dura. Chi, facendo la mia professione, non ha nel suo studio soggetti che inanellano problemi con più facilità di Pirlo nel tirare una punizione? Di solito dedichi a loro un mucchio di tempo. Se poi hanno il tuo numero di cellulare ti chiamano senza ritegno a ogni ora del giorno. Sì, perché loro hanno dei problemi tali per cui ogni volta è questione di vita o di morte. E tu corri via, vorresti sganciarti: ma invece ci sei, rispondi, li incontri. Una, due, tre, tante volte. Perché ti senti in dovere di aiutarli a uscire dal pantano in cui si sono ficcati. E a volte non ce la fai perché, come ho detto nel precedente articolo, non sei Superman. Ma c’è un problema di fondo. Quando un cliente si trova in queste condizioni, di soldi non ne ha. E come farà a pagarti? Semplicemente, non lo farà! Sorrido mentre scrivo ciò, perché più scrivo queste cose e più mi rendo conto di quanto sia ancora ingenuo, dopo tanti anni, a non riconoscere subito questi clienti prima che i danni, per il mio conto economico, siano elevati.
L’unica cosa che mi consola è che, nel confronto ordinario con tanti colleghi, posso statisticamente affermare che noi commercialisti siamo bravi a separarci da questa categoria di clienti!
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